E con questo sono cinque! Che cosa? Ma gli anni di blogging, naturalmente! Fu infatti proprio in un uggioso pomeriggio di aprile di cinque anni fa che Obsidian Mirror aprì i battenti e si affacciò sul web. Sembra passato un attimo da allora ma, cavolo, se mi fermo a pensarci sopra, cinque anni sono un’eternità. Quante cose sono cambiate in tutto questo tempo! Il blog è cambiato, io sono cambiato, il mondo è cambiato. Anche i visitatori del blog sono cambiati: molti di quelli della prima ora sono spariti nel nulla, alcuni sono rimasti, altri si sono aggiunti per poi svanire a loro volta e lasciare il posto ad altri ancora. Ho quasi perso il conto di quanta gente si sia affacciata qui, lasciando un segno del suo passaggio in un commento o mettendo una faccia nel widget dei follower.
A volte mi chiedo se qualcuno si è mai accorto che nelle ricorrenze tendo spesso a ripetere le stesse cose, come quel particolare della pioggia in quel pomeriggio di aprile di cinque anni fa. Ma se il pubblico che mi segue è distratto anche solo la metà di quanto lo sono io, allora forse farò meglio a spiegare cosa sta per succedere sul blog a partire da oggi.
È usanza di Obsidian Mirror festeggiare i suoi compleanni con qualcosa di alternativo al solito post con le candeline. Quel “qualcosa di alternativo” è uno speciale che inizia oggi e avrà termine l’ultimo giorno del mese. L’argomento, come non avrete certamente mancato di notare, è annunciato in pompa magna dal nuovo header, posizionato là in cima, che sostituirà quello tradizionale per i prossimi trenta giorni.
Ricordate quando due anni fa, esattamente il primo giorno di aprile come oggi, partiva lo speciale dedicato a “Phantasm”, la saga cine-horror del regista americano Don Coscarelli? A quei tempi quell’iniziativa era il progetto più intenso e complesso della storia di questo blog, un progetto che non mancò di regalarmi un sacco di soddisfazioni, non ultima quella di essere riuscito a terminare qualcosa di iniziato (cosa davvero rara per me). Ma questo in realtà non fu nulla a confronto di quanto avvenne un anno dopo quando, forte dell’esperienza acquisita e consapevole degli errori commessi, mi ributtai in un progetto se possibile ancora più ambizioso. Nel 2015 fu la volta del ciclo coreano dei “Whispering Corridors”, ovvero di quei corridoi scolastici che ci diedero modo di parlare di orrore del quotidiano, quello vero, quello a cui ormai non facciamo più caso. Non ho volutamente usato il termine horror per definire lo speciale dello scorso anno in quanto, come senz’altro ricorderete, non solo Whispering Corridors, come molto cinema di genere, utilizzava i topoi del genere come pretesto per sviscerare concetti sociali ben più importanti, quali il dissenso per la logica folle propria dell’educazione scolastica coreana o il crescente fenomeno dei casi di suicidio giovanili all’interno di una società che noi occidentali stentiamo a comprendere, ma puntava molto più sull'aspetto drammatico delle vicende che su quello meramente orrorifico.
Il risultato finale fu sorprendente anche per me che, a conti fatti, mi ritrovai ad aver realizzato un immenso e articolato disegno che partiva dal cinema e finiva per spaziare nella magia, nella religione, nella cronaca e, naturalmente, nel sociale. Quest’anno proverò a ripetere per la terza volta l’esperimento con un nuovo speciale. Rispetto all’anno scorso il passo è abbastanza breve in termini geografici, visto che dalla Corea ci spostiamo poco più in là, e precisamente in Giappone, ma è un passo smisurato per quanto riguarda i contenuti.
Tra l’altro, come avrete notato osservando attentamente l’header, quella che state leggendo è la prima parte di un progetto talmente lungo e articolato che non ho potuto fare a meno di spezzarlo a metà, spalmandolo su due interi mesi, naturalmente non consecutivi.
Aggiungo, nel caso ve ne fosse bisogno, che questo speciale si incastra a sua volta all’interno di un altro speciale, immensamente più vasto, quel “Gathering of One Hundred Supernatural Tales” (Hyakumonogatari Kaidankai) che ha preso il via a febbraio. Immagino si fosse capito, no?
E immagino si fosse capito anche che saremmo andati a esplorare il mondo di uno dei più celebri Onryō della tradizione giapponese, sorto dalla rabbia di una donna uccisa dal samurai presso cui era a servizio, il quale non accettava che le sue “attenzioni” venissero respinte. A quell'Onryō avevamo dato anche un nome: Kiku. La sua storia è stata rappresentata più volte nel corso dei secoli e, come spesso accade in questi casi, è stata più volte stravolta nella sua struttura. Ma un solo particolare è rimasto sempre inalterato: il finale, quello che vede una giovane donna finire scaraventata in fondo a un pozzo dal suo aguzzino, un pozzo che per lei rappresenta allo stesso tempo morte fisica e veicolo attraverso il quale poter ritornare, carica d’odio, nel mondo terreno. Il suo nome è Kiku (菊), ma in Giappone è meglio conosciuta come Okiku* (お菊), nome con il quale era rappresentata già nella prima metà del XVIII secolo nei primissimi spettacoli di bunraku, il celebre teatro dei burattini. Noi occidentali, che l’abbiamo scoperta solo di recente per merito del regista Hideo Nakata, ce la ricordiamo invece con un nome diverso: Sadako Yamamura!
(*) Il giapponese antepone il prefisso “o-“ a un nome proprio o a un sostantivo per assegnarli una connotazione onorifica.
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 4 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che inizia oggi. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 4° candela...
A volte mi chiedo se qualcuno si è mai accorto che nelle ricorrenze tendo spesso a ripetere le stesse cose, come quel particolare della pioggia in quel pomeriggio di aprile di cinque anni fa. Ma se il pubblico che mi segue è distratto anche solo la metà di quanto lo sono io, allora forse farò meglio a spiegare cosa sta per succedere sul blog a partire da oggi.
È usanza di Obsidian Mirror festeggiare i suoi compleanni con qualcosa di alternativo al solito post con le candeline. Quel “qualcosa di alternativo” è uno speciale che inizia oggi e avrà termine l’ultimo giorno del mese. L’argomento, come non avrete certamente mancato di notare, è annunciato in pompa magna dal nuovo header, posizionato là in cima, che sostituirà quello tradizionale per i prossimi trenta giorni.
Ricordate quando due anni fa, esattamente il primo giorno di aprile come oggi, partiva lo speciale dedicato a “Phantasm”, la saga cine-horror del regista americano Don Coscarelli? A quei tempi quell’iniziativa era il progetto più intenso e complesso della storia di questo blog, un progetto che non mancò di regalarmi un sacco di soddisfazioni, non ultima quella di essere riuscito a terminare qualcosa di iniziato (cosa davvero rara per me). Ma questo in realtà non fu nulla a confronto di quanto avvenne un anno dopo quando, forte dell’esperienza acquisita e consapevole degli errori commessi, mi ributtai in un progetto se possibile ancora più ambizioso. Nel 2015 fu la volta del ciclo coreano dei “Whispering Corridors”, ovvero di quei corridoi scolastici che ci diedero modo di parlare di orrore del quotidiano, quello vero, quello a cui ormai non facciamo più caso. Non ho volutamente usato il termine horror per definire lo speciale dello scorso anno in quanto, come senz’altro ricorderete, non solo Whispering Corridors, come molto cinema di genere, utilizzava i topoi del genere come pretesto per sviscerare concetti sociali ben più importanti, quali il dissenso per la logica folle propria dell’educazione scolastica coreana o il crescente fenomeno dei casi di suicidio giovanili all’interno di una società che noi occidentali stentiamo a comprendere, ma puntava molto più sull'aspetto drammatico delle vicende che su quello meramente orrorifico.
Il risultato finale fu sorprendente anche per me che, a conti fatti, mi ritrovai ad aver realizzato un immenso e articolato disegno che partiva dal cinema e finiva per spaziare nella magia, nella religione, nella cronaca e, naturalmente, nel sociale. Quest’anno proverò a ripetere per la terza volta l’esperimento con un nuovo speciale. Rispetto all’anno scorso il passo è abbastanza breve in termini geografici, visto che dalla Corea ci spostiamo poco più in là, e precisamente in Giappone, ma è un passo smisurato per quanto riguarda i contenuti.
Tra l’altro, come avrete notato osservando attentamente l’header, quella che state leggendo è la prima parte di un progetto talmente lungo e articolato che non ho potuto fare a meno di spezzarlo a metà, spalmandolo su due interi mesi, naturalmente non consecutivi.
Aggiungo, nel caso ve ne fosse bisogno, che questo speciale si incastra a sua volta all’interno di un altro speciale, immensamente più vasto, quel “Gathering of One Hundred Supernatural Tales” (Hyakumonogatari Kaidankai) che ha preso il via a febbraio. Immagino si fosse capito, no?
E immagino si fosse capito anche che saremmo andati a esplorare il mondo di uno dei più celebri Onryō della tradizione giapponese, sorto dalla rabbia di una donna uccisa dal samurai presso cui era a servizio, il quale non accettava che le sue “attenzioni” venissero respinte. A quell'Onryō avevamo dato anche un nome: Kiku. La sua storia è stata rappresentata più volte nel corso dei secoli e, come spesso accade in questi casi, è stata più volte stravolta nella sua struttura. Ma un solo particolare è rimasto sempre inalterato: il finale, quello che vede una giovane donna finire scaraventata in fondo a un pozzo dal suo aguzzino, un pozzo che per lei rappresenta allo stesso tempo morte fisica e veicolo attraverso il quale poter ritornare, carica d’odio, nel mondo terreno. Il suo nome è Kiku (菊), ma in Giappone è meglio conosciuta come Okiku* (お菊), nome con il quale era rappresentata già nella prima metà del XVIII secolo nei primissimi spettacoli di bunraku, il celebre teatro dei burattini. Noi occidentali, che l’abbiamo scoperta solo di recente per merito del regista Hideo Nakata, ce la ricordiamo invece con un nome diverso: Sadako Yamamura!
(*) Il giapponese antepone il prefisso “o-“ a un nome proprio o a un sostantivo per assegnarli una connotazione onorifica.
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 4 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che inizia oggi. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 4° candela...